L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, nota anche come Brexit, è stata approvata tramite un referendum (23 giugno 2016) al quale è seguito un periodo di transizione e di trattative, conclusosi con l’accordo del 24 dicembre 2020.

Di fatto, in un momento di grande complessità, con lo scatenarsi della pandemia COVID-19 e i suoi effetti socio economici devastanti, la Brexit ha rappresentato un ulteriore elemento di incertezza.

Nel webinar “Brexit: rischi e opportunità per il Capitale Umano” organizzato da Aon il 5 maggio 2021, si è discusso assieme a Luca Franzi, Vice Presidente Aon e Presidente AIBA, Claudio Dozio, EMEA HR Director di Aon, Alessandro Umberto Belluzzo, Founder e Partner di Belluzzo International Partner, e Umberto Guidoni, Co-Direttore Generale Ania, degli impatti in diversi ambiti che l’uscita del Regno Unito dall’UE ha prodotto, in particolare sul capitale umano.

Il Regno Unito è sempre stata la culla del mercato assicurativo, ma è anche un punto di riferimento e un’attrazione per i talenti che vogliono fare carriera o una semplice esperienza all’estero per imparare la lingua inglese.

Con l’avvento della Brexit ci troviamo di fronte ad un cambiamento epocale: quello che prima era la normalità, ad esempio viaggiare, studiare, lavorare o aprire un’attività in UK, ora prevede una serie di limitazioni.

A livello di percorso formativo, ad esempio, il progetto Erasmus, da sempre vissuto come un’esperienza altamente qualificante, attualmente non è consentito in UK. Per turismo o per lavoro è necessario avere un visto, non esiste più il commercio libero e ci sono quindi dei dazi per i beni importati oltre che delle restrizioni per i business (tranne per quelli che erano già presenti sul territorio del Regno Unito).

Le stesse restrizioni sono applicate anche a chi dalla Gran Bretagna intende recarsi nei Paesi dell’Unione Europea, Italia inclusa.

Esiste anche un tema sanitario, nel senso che prima con la tessera sanitaria si poteva usufruire dei servizi di assistenza gratuitamente, ora sarà necessario attivare una copertura sanitaria nelle polizze viaggio così come viene fatto per altri Paesi fuori dall’Unione Europea.

Inoltre, all’impatto diretto sulla vita, sulla mobilità, sulle modalità di studio e lavoro delle persone si va ad aggiungere anche un impatto culturale, in quanto si sta sempre più creando un distacco dei lavoratori della Gran Bretagna rispetto a quelli europei. Distacco che in parte si era riuscito a colmare nonostante l’isolamento geografico.

In questo scenario le aziende, oltre a dover gestire la crisi, devono anche considerare le difficoltà di gestione e scambio dei talenti. I programmi di onbording e formazione diventano sempre più complessi e diventa necessario rivedere la strategia di formazione, assunzione e sviluppo dei talenti.

Esistono nuove regole sui permessi di lavoro con costi per le aziende che si aggirano intorno alle 15mila sterline a cui si vanno a sommare 4mila sterline per convivente e figli. Il limite massimo per i permessi è di 5 anni. Tutte le aziende devono quindi organizzarsi con dei team definiti “Global Mobility” se non vogliono incorrere in multe. Chiaramente questo comporta maggiori difficoltà per le piccole e medie organizzazioni.

Nonostante tutto, in questo panorama, si possono individuare anche opportunità da cogliere: la possibilità di fare scelte strategiche, di incentivare il rientro dei cervelli, con benefici fiscali per i lavoratori italiani che rientrano dall’estero e le azioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per attrarre talenti stranieri.

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