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Attrarre i talenti nel 2025: cosa vogliono davvero i dipendenti oggi?

Negli ultimi anni, il mondo del lavoro è cambiato radicalmente, ridefinendo le aspettative e le priorità delle persone. Oggi, attrarre e trattenere i talenti non dipende unicamente dallo stipendio: i lavoratori chiedono maggiore flessibilità, benefits personalizzati e un ambiente che li faccia sentire valorizzati. Ma le aziende stanno davvero ascoltando e rispondendo a queste esigenze?

Il Report Aon Employee Sentiment Study 2025 offre uno sguardo approfondito sulle preferenze e sulle aspettative dei dipendenti, evidenziando le aree in cui le organizzazioni possono (e devono) fare di più per migliorare la soddisfazione e le performance del personale. Lo studio globale di Aon ha coinvolto 9.202 lavoratori tra i 18 e i 64 anni (56% uomini e 44% donne), impiegati in aziende con oltre 500 dipendenti, distribuiti in 23 Paesi. L’analisi fornisce insight strategici per leader aziendali e HR, evidenziando le priorità dei lavoratori e le strategie più efficaci per ottimizzare benefits, cultura aziendale e leadership. Capire meglio le nuove aspettative della popolazione aziendale può aiutare, infatti, le organizzazioni a mantenere i talenti coinvolti nel proprio lavoro e nel realizzare le proprie ambizioni.

Equilibrio tra vita e lavoro come priorità assoluta

Per i lavoratori di oggi, la scelta di un’azienda non si basa più solo sullo stipendio, ma su un mix di elementi che incidono sul loro benessere e sulla qualità della vita. Il report di Aon evidenzia che oltre il 60% dei dipendenti sta valutando un cambio di impiego nei prossimi 12 mesi, spinto da una serie di fattori chiave che vanno oltre la retribuzione.
Tra i più rilevanti emergono:

  • Retribuzione e benefits significativi: il 47% dei lavoratori cerca aziende che offrano pacchetti retributivi sopra la media
  • Ambiente di lavoro positivo: il 21% considera fondamentale lavorare in un contesto piacevole e coinvolgente
  • Allineamento valoriale: il 20% vuole che i valori dell’azienda rispecchino i propri
  • Benessere e supporto alla persona: il 18% cerca un datore di lavoro che si prenda cura del loro equilibrio mentale e fisico
  • Flessibilità lavorativa: il 17% non è disposto a rinunciare alla possibilità di gestire il proprio tempo con maggiore autonomia

Il benessere lavorativo è ormai una leva strategica per l’attrattività delle imprese: il 49% dei dipendenti si aspetta che l’azienda offra un supporto concreto per il proprio benessere, mentre il 45% ritiene essenziale ricevere un aiuto nel pianificare la propria sicurezza finanziaria a lungo termine.

Il futuro del lavoro: la personalizzazione del benessere

Uno dei dati più rilevanti emersi dallo studio è la richiesta crescente di benefits personalizzati da parte dei dipendenti. Il 72% dei lavoratori ritiene importante avere la possibilità di scegliere i propri benefits, e il 63% sarebbe disposto a rinunciare a benefits standardizzati per ottenere opzioni più adatte alle proprie esigenze.
Non si tratta solo di flessibilità lavorativa, ma di costruire una Employee Value Proposition (EVP) in grado di rispondere alle diverse fasi della vita lavorativa. Le priorità, infatti, variano notevolmente a seconda dell’età e delle esperienze professionali:

Baby Boomers (1946-1964)

tendono a concentrarsi su coperture sanitarie e stabilità della propria posizione previdenziale, con una maggiore attenzione a benefits come assicurazione sulla vita, supporto alla transizione pensionistica e programmi orientati al benessere fisico;

Generazione X (1965-1980)

pone maggiore enfasi sulla sicurezza finanziaria e sulla stabilità professionale, privilegiando benefits come piani pensionistici, assicurazioni sanitarie estese e politiche di carriera a lungo termine;

Millennials (1981-1996)

danno priorità alla flessibilità lavorativa e all’equilibrio vita-lavoro. Benefits come lavoro ibrido, congedi parentali e programmi di supporto per la salute mentale sono tra i più apprezzati;

Generazione Z (1997-2012)

cerca opportunità di crescita, sviluppo e mobilità professionale. Valuta positivamente benefits come piani di formazione, mentorship e accesso a esperienze internazionali.

Questa diversità di esigenze richiede quindi una gestione flessibile dei benefits da parte delle aziende. Tre le azioni chiave per rispondere in modo mirato alle aspettative di ogni generazione troviamo:

Investire in soluzioni digitali

che consentano ai dipendenti di personalizzare i loro pacchetti di benefits;

Rivedere i programmi di Wellbeing usando i dati

per ottimizzare benefits, retribuzioni e strategie HR, personalizzando il benessere e colmando il gap di competenze;

Garantire benefits realmente inclusivi

adottando una cultura aziendale basata su convivenza delle differenze e appartenenza, fattori sempre più rilevanti per i dipendenti nella scelta di un posto di lavoro.

Flessibilità sì, ma con un modello equilibrato

Il dibattito sul lavoro ibrido e il ritorno in ufficio è ancora aperto. Il report di Aon conferma che la flessibilità è ormai una necessità radicata nei dipendenti: il 47% dei rispondenti dichiara di scegliere un’azienda in base alle opzioni di lavoro flessibile offerte. Tuttavia, emerge anche un dato interessante: i lavoratori ibridi si sentono più valorizzati rispetto a quelli completamente remoti o sempre in ufficio. Al contrario:

  • I dipendenti totalmente da remoto hanno il 52% di probabilità in più di sentirsi poco apprezzati;
  • I lavoratori 100% in presenza sono il 10% più insoddisfatti rispetto a chi ha maggiore flessibilità.

La chiave non è tanto “dove” si lavora, ma “come” si costruisce un senso di appartenenza e coinvolgimento. Se non è sufficiente avere il personale in ufficio per farlo sentire parte di qualcosa, qual è allora il modello vincente?

  • Equilibrare giorni in presenza e smart working per mantenere il senso di appartenenza al team;
  • Investire in spazi di lavoro funzionali e tecnologici che incentivino la collaborazione;
  • Formare i manager per gestire efficacemente team distribuiti, mantenendo alto l’engagement.

Il gap della formazione: essere pronti per il futuro

Il report evidenzia anche una frattura generazionale nell’atteggiamento verso l’intelligenza artificiale (IA). Mentre il 22% dei dirigenti crede che l’IA sostituirà alcune professioni, solo l’11% dei lavoratori entry-level percepisce questa minaccia. Allo stesso tempo, solo il 17% dei dipendenti sente l’urgenza di sviluppare nuove competenze per rimanere rilevante nel mercato del lavoro.
Questa disconnessione dimostra che molte aziende stanno investendo in tecnologia senza accompagnare i dipendenti nella transizione, con il rischio che l’automazione crei insicurezza, invece che opportunità.

Ma c’è anche un altro paradosso: l’80% dei dipendenti crede che l’azienda investa nella loro formazione, ma solo il 25% si preoccupa davvero dell’obsolescenza delle proprie competenze.
È il momento di ripensare la formazione non come un benefit aggiuntivo, ma come un pilastro centrale del patto tra azienda e dipendente. Perché chi si sente preparato per il futuro sarà anche più motivato a costruirlo all’interno dell’azienda, invece di cercarlo altrove.

Cosa possono fare quindi le aziende?

  • Implementare piani di upskilling e reskilling, investendo sulla formazione continua;
  • Comunicare con trasparenza i cambiamenti tecnologici, evitando che possano generarsi e diffondersi paure infondate;
  • Creare opportunità di carriera che integrino IA e capacità umane, invece di sostituirle.

Il lavoro sta cambiando, le aziende sono pronte?

I dati parlano chiaro: le aspettative dei lavoratori stanno evolvendo rapidamente, e le imprese che non si adattano rischiano di perdere i migliori talenti.
Trattenere il personale non è questione di fortuna, ma di strategia. Per questo, le aziende che vogliono essere protagoniste del futuro del lavoro devono:

Ripensare l’Employee Value Proposition (EVP)

per allinearla alle nuove aspettative dei lavoratori;

Personalizzare i benefits

offrendo soluzioni flessibili per il benessere, la salute e la crescita professionale;

Abbracciare la flessibilità

non solo come policy, ma come cultura aziendale;

Comunicare meglio le opportunità di formazione

per rendere chiaro ai dipendenti come possono prepararsi per il futuro;

Creare una cultura di benessere reale

dove il supporto alla persona non sia solo un’iniziativa, ma un valore.

IL REPORT

Perché il vero successo di un’azienda non si misura solo dai numeri, ma dalla capacità di costruire un ambiente in cui le persone non solo lavorano, ma vogliono restare.

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