Home » Welfare aziendale: i vantaggi fiscali per le aziende

Welfare aziendale: i vantaggi fiscali per le aziende

Attraverso il Welfare aziendale le imprese possono erogare alla totalità dei dipendenti o a una parte di loro una quota di retribuzione extra, sotto forma di beni e servizi.

Attraverso il Welfare aziendale le imprese possono erogare alla totalità dei dipendenti o a una parte di loro una quota di retribuzione extra, sotto forma di beni e servizi.

Iniziative di questo tipo sono sempre più apprezzate sia dalle aziende sia dai dipendenti.

Per le prime i vantaggi sono numerosi e tangibili: il Welfare, infatti, può migliorare la soddisfazione e la produttività della forza lavoro, ridurre il tasso di turnover e attrarre talenti e, non da ultimo, ottenere notevoli benefici fiscali.

Anche per i secondi i benefici legati ai programmi per il benessere aziendale sono numerosi: i dipendenti possono infatti ottenere beni e servizi per loro e le loro famiglie che vanno a integrare o a completare la retribuzione con importi defiscalizzati.

In questo articolo ci concentreremo in modo particolare sui vantaggi fiscali per le aziende dei piani di Welfare aziendale, non prima di aver spiegato in che contesto si inseriscono queste iniziative e che tipo di programmi possono essere attuati.

L’ambito del Welfare aziendale

Il concetto di Welfare è stato introdotto per la prima volta in ambito pubblico, per indicare l’insieme delle politiche e delle misure di sostegno adottate dagli Stati per migliorare il benessere dei cittadini.

Nel corso dell’Ottocento questo concetto è stato mutuato anche in ambito aziendale e i datori di lavoro hanno iniziato a definire delle politiche interne pensate per incrementare il benessere della forza lavoro. Oggi le iniziative di Welfare aziendale sono sempre più strutturate e rappresentano un valore aggiunto dell’offerta delle imprese. I programmi adottati dalle aziende possono offrire una vasta gamma di prodotti e servizi: si va dalla possibilità di ottenere rimborsi per le spese di tutti i giorni, agli acquisti diretti di viaggi e abbonamenti in palestra ai versamenti al fondo pensione.

Un aspetto dei programmi di Welfare a cui bisogna prestare particolare attenzione è il loro carattere universale o comunque collettivo: le iniziative dell’impresa coinvolgono l’insieme dei lavoratori o gruppi identificati applicando precisi criteri di selezione (ad esempio gli impiegati in uno specifico reparto o quelli che hanno una certa qualifica professionale). Non sono considerabili invece iniziative di welfare i premi o le liberalità che l’azienda decide di riconoscere a un singolo individuo. Fermo restando che l’azienda può offrire premi in denaro o in natura a uno specifico dipendente, non può beneficiare per questa sua decisione dei vantaggi fiscali previsti dalla normativa riguardante le misure destinate a una pluralità di individui.

A seconda dei soggetti a cui sono rivolti e alla loro finalità, gli interventi a sostegno del reddito dei dipendenti vengono distinti in Flexible Benefits, se hanno carattere complementare rispetto alla retribuzione, e in Fringe Benefits, se hanno carattere integrativo. Rientrano nel primo caso i tipici servizi inclusi in un piano di welfare aziendale e previsti dal TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), mentre alcuni dei benefit che fanno parte della seconda categoria sono i buoni spesa, i buoni carburante, La distinzione tra Flexible e Fringe Benefits è importante anche dal punto di vista fiscale, perché le due categorie sono soggette a un diverso trattamento.

Il Welfare aziendale unilaterale

In alcuni casi la presenza di programmi di Welfare aziendale è inserita nei contratti di lavoro collettivi, validi a livello nazionale o territoriale (ad esempio provinciale). Attualmente i CCNL che prevedono l’obbligatorietà di queste misure sono 18 e il loro numero è in crescita.

Tra i settori per i quali il Welfare è obbligatoriamente previsto dal contratto di lavoro ci sono:

Metalmeccanico

Telecomunicazioni

Orafo, argenteria e gioielleria

Pubblici servizi

Ristorazione pubblica e collettiva

Turismo

Servizi socioassistenziali e sanitari

Case di cura

Quando gli interventi a integrazione del reddito non sono previsti nel contratto collettivo è l’azienda che può decidere unilateralmente di offrire beni e servizi ai dipendenti in aggiunta alla retribuzione.

Sempre più spesso queste iniziative unilaterali vengono formalizzate inserendole nel regolamento aziendale oppure attraverso un accordo siglato tra azienda e rappresentanti sindacali. In questi casi si parla di Welfare puro o on top e, dal momento che ci si basa su un regolamento o su un accordo scritto, diventa un’attività vincolante e obbligatoria per l’azienda che la propone.

Il Welfare considerato obbligatorio, perché inserito in un CCNL o in un regolamento aziendale, offre il massimo beneficio fiscale per l’azienda: le spese sono infatti interamente deducibili dalla base imponibile usata per il calcolo delle imposte sul reddito. Al contrario, le iniziative unilaterali non obbligatorie beneficiano di una deducibilità parziale, secondo quanto indicato nel TUIR.

I benefici fiscali del Welfare aziendale

Per le imprese, premiare e incentivare i dipendenti attraverso l’erogazione di beni e servizi è più vantaggioso dal punto di vista fiscale. La normativa in vigore prevede infatti la deducibilità totale o parziale delle iniziative di Welfare, con un risparmio rilevante per le casse delle imprese. Offrire beni in natura e servizi ha come effetto un abbattimento dell’imponibile fiscale e contributivo e una riduzione del cuneo fiscale. Per comprendere meglio questo passaggio è utile prendere in esame il quadro normativo di riferimento.

La norma fondamentale che regola il trattamento fiscale delle erogazioni previste nei programmi di Welfare aziendale è il TUIR, il Testo Unico delle Imposte sul Reddito. In particolare, i due articoli più rilevanti in quest’ambito sono l’articolo 51 e il 100. A questi si aggiungono diversi interventi successivi del legislatore, che hanno modificato e aggiornato la disciplina.

Le modifiche principali sono state introdotte dalla Legge di Stabilità 2016 e poi dalle Leggi di Bilancio degli anni successivi. L’articolo 51 del TUIR elenca le categorie di beni e servizi considerabili come Fringe Benefit e come Flexible Benefit. In entrambi i casi, si tratta di erogazioni che non concorrono al reddito da lavoro dei dipendenti e che sono deducibili per l’impresa. La soglia ordinaria di deducibilità per i fringe benefit, riconosciuti a un singolo dipendente o a un gruppo, è pari a 258,83 euro all’anno.

Tuttavia, per il periodo 2025-2027 la Legge di Bilancio 2025 (Legge n. 207/2024) ha stabilito che il valore dei benefit riconosciuti ai dipendenti non deve superare la soglia di 1.000 euro per i lavoratori senza figli a carico e di 2.000 euro per i lavoratori con figli a carico. Inoltre, ha introdotto la possibilità di concedere un contributo a favore dei dipendenti fuori sede neoassunti, destinato alla copertura dei costi di locazione. Il benefit prevede una detassazione ed è riconosciuto per i primi due anni di lavoro, per i dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato ed entro la soglia di 5.000 euro annui.

I Flexible Benefit, riconosciuti a tutti i dipendenti o a una parte di loro, si considerano invece esentasse per i dipendenti e interamente deducibili per le imprese, senza l’obbligo di rispettare specifiche soglie di spesa, almeno che l’erogazione  non sia fatta senza regolamento e/o contrattazione, e allora in quei caso, la deducibilità non è totale Il TUIR fissa dei limiti alla deducibilità anche  per alcune voci di costo, come le spese per la previdenza integrativa, quelle per i beni e servizi in natura e quelle per le assicurazioni sanitarie integrative.

L’articolo 95 del TUIR, invece, stabilisce le regole di deducibilità dei costi riguardanti beni e servizi offerti volontariamente dalle aziende “per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto”. Questi costi, relativi a erogazioni concesse a tutti i dipendenti o a specifiche categorie, sono deducibili fino al 5 per mille del totale dei costi del personale solo se l’erogazione è un atto unilaterale dell’azienda.

Nell’ambito del trattamento fiscale del Welfare aziendale è necessario prendere in considerazione anche i premi di risultato convertiti in welfare. Questa opportunità è stata introdotta dalla Legge di Stabilità 2016: la normativa prevede che la possibilità di convertire il premio di produzione o di risultato in beni e servizi debba essere esplicitata nell’accordo di secondo livello, territoriale o aziendale, e che la scelta tra la percezione del premio in denaro o la sua conversione totale o parziale in welfare sia lasciata ai singoli dipendenti. Nel caso in cui il lavoratore optasse per la conversione, l’importo del premio risulterebbe esentasse per il lavoratore ed esente dai versamenti contributivi per l’impresa.

 

Vincoli da rispettare per le aziende

Le aziende che vogliono offrire beni e servizi che vanno a integrare la retribuzione dei dipendenti e vogliono beneficiare dei vantaggi fiscali previsti dalla legge devono rispettare diverse regole, relativamente a:

Finalità delle iniziative di Welfare

Valore dei beni e servizi erogati

Modalità di erogazione

Beneficiari

Innanzitutto, bisogna considerare che affinché siano considerate deducibili, le iniziative di Welfare aziendale, per quanto concerne i Flexible Benefits, devono avere una finalità sociale, cioè devono avere l’obiettivo di migliorare il benessere e la qualità della vita della forza lavoro.

La soglia di riferimento per il valore dei benefit riconosciuti ai dipendenti varia a seconda del tipo di misura adottata: per i Fringe Benefit la soglia di deducibilità viene rivista periodicamente dal legislatore, in genere al momento dell’approvazione della Legge di Bilancio. Fino al 2027 la cifra limite è fissata a 1.000 euro per i lavoratori dipendenti senza figli fiscalmente a carico e a 2.000 euro per i lavoratori con figli a carico. Nel caso dei premi di risultato, invece, questi possono essere convertiti in natura fino a un massimo di 3.000 euro a dipendente e solo se il reddito da lavoro di chi percepisce il benefit è inferiore a 80.000 euro l’anno. Quanto alle modalità di erogazione, è espressamente previsto che le iniziative di Welfare debbano prevedere la fornitura di beni e servizi e che queste erogazioni non possano sostituire i pagamenti in denaro spettanti ai dipendenti.

Inoltre, le aziende devono obbligatoriamente offrire queste misure alla totalità dei dipendenti oppure a dei gruppi omogenei. Infine, la normativa prevede che a beneficiare dei beni e dei servizi offerti dall’azienda possano essere non solo i dipendenti, ma anche i loro familiari (nello specifico, coniuge o familiare unito civilmente, figli, genitori e ascendenti come nonni e bisnonni ).

Adottare un piano di Welfare strutturato e organizzare l’accesso ai beni e ai servizi tramite una piattaforma dedicata semplifica la gestione di questo aspetto del rapporto di lavoro. In questo senso, Aon può affiancare le imprese nella definizione dei programmi di benessere aziendale, nella scelta dei beni e dei servizi da proporre alla forza lavoro e nella messa a punto di una piattaforma informatica intuitiva e semplice da usare. Oltre a essere vantaggioso dal punto di vista fiscale, bisogna sottolineare il fatto che il Welfare è anche una soluzione molto flessibile che può essere integrata in imprese di ogni dimensione e operanti in tutti i settori economici.