Il termine welfare aziendale (WA) indica un insieme di servizi e prestazioni non monetarie che l’azienda mette a disposizione dei dipendenti al fine di migliorarne la vita privata e lavorativa. Si tratta di un insieme potenzialmente infinito di benefit a sostegno del reddito familiare come, ad esempio, convenzioni per le prestazioni mediche e socio-sanitarie, assistenza ai minori e agli anziani, polizze assicurative, rimborsi scolastici fino ad arrivare alle proposte legate al tempo libero e agli sconti di carattere commerciale.

Ma qual è il contesto di sviluppo del welfare aziendale, detto anche secondo welfare? Di fronte all’indebolimento dello Stato sociale (welfare state), il WA si pone come un tentativo di risposta e di sostegno ai cittadini, supportando l’erogazione di servizi che una volta erano esclusivamente in capo allo Stato. Davanti alla crisi globale degli ultimi anni, ad esempio, molti Stati si sono ritrovati a dover affrontare due aspetti: il contenimento della spesa pubblica e, allo stesso tempo, il mantenimento del sistema assistenziale. In questo nuovo contesto politico, l’azione del welfare aziendale si dimostra uno strumento integrativo, ma non sostitutivo, delle prestazioni statali, ponendosi come forma bivalente: da una parte elemento benefico per l’azienda, in quanto determinante per il miglioramento del clima lavorativo e per la diminuzione dei fenomeni di turnover e assenteismo, incrementando i risultati commerciali dell’impresa; dall’altra, come strumento desiderabile da parte di tutti i dipendenti aziendali, in quanto forma integrativa di azioni di tutela e assistenza purtroppo ormai carenti.

Anche Aon ha istituito ormai da anni un piano di welfare ed Enrico Vanin, Amministratore Delegato di Aon S.p.A. e di Aon Hewitt Risk&Consulting, ha da poco rilasciato un’intervista sul tema, raccontando il punto di vista di Aon e presentando una visione sulle previsioni future: “Creare un ambiente di lavoro dove i dipendenti si sentano bene è fondamentale – dichiara Enrico Vanin – e lo sarà ancora di più in futuro. Questo significa lavorare su più fronti per migliorare la qualità della loro vita realizzando desideri, necessità e sicurezza che la società di oggi e il  welfare pubblico non sono più in grado di soddisfare».

Oggi le aziende su quali tipo di servizi stanno puntando maggiormente per i loro programmi di welfare aziendale?
Salute e pensioni. Tendenza che ci è stata confermata anche da un recente studio che abbiamo commissionato alla società di consulenza internazionale Bain&Cuneo. Del resto non c’è da stupirsi visto che oggi il welfare pubblico è in crisi in tutti i Paesi a causa dell’aumento della popolazione mondiale.

Problema che però non riguarda l’Italia visto il basso tasso di natalità…
Infatti, da noi a mandare in crisi il sistema di welfare pubblico sono l’invecchiamento della popolazione e l’aumento della cronicizzazione di alcune patologie come l’ipertensione arteriosa, ictus ischemico,  scompenso cardiaco e diabete, solo per citarne alcune. Problemi che nel lungo periodo finiranno per pesare anche sulle spalle delle imprese. Ma il sistema privato è nelle condizioni di trasformare questo rischio in opportunità. Purché venga sempre tenuta in primo piano l’etica.

Che cosa intende dire?
Che da parte dei player assicurativi ci vuole trasparenza nell’offerta e nei costi, che devono essere equi.

In che senso?
L’incremento delle esigenze assistenziali a causa del contenimento delle prestazioni garantite dal sistema di welfare pubblico e il progressivo invecchiamento della popolazione, stanno facendo lievitare la spesa sanitaria privata, ma il numero delle persone che hanno prodotti assicurativi sanitari cresce in maniera meno che proporzionale.

Questo cosa significa?
Significa che chi se li può permettere è sempre la fascia più ricca della popolazione, fatta di dirigenti, quadri e impiegati aziendali. Basti dire che la spesa sanitaria in Italia ammonta a quasi 40 miliardi di euro l’anno e a  oggi è finanziata per oltre il 90% direttamente dai cittadini, che non stipulano polizze o non sono iscritti a Fondi. Quelli che hanno prodotti assicurativi legati alla salute sono 9 milioni su una popolazione complessiva nazionale di 61 milioni di persone.

Voi cosa avete fatto per allargare la platea di chi può permettersi prodotti assicurativi di tipo sanitario?   
Ci siamo posti l’obiettivo di mettere al centro della nostra politica di sviluppo non solo i nostri dipendenti ma le persone in generale, consentendo a una fascia sempre più ampia di popolazione di accedere a servizi sanitari a un buon prezzo, in modo semplice e trasparente e di avere il rimborso delle spese correlate.

E sul fronte delle pensioni come vi state muovendo visto che in Italia i prodotti assicurativi per integrare l’assegno Inps non stanno decollando?
Su questo tema è importante fare cultura. Per questo abbiamo deciso di offrire sia al nostro interno sia alle aziende clienti  corsi  di formazione destinati a tutto il personale per far conoscere  il quadro della situazione pensionistica attuale e quale sarà il livello delle pensioni future se non si interverrà per tempo con prodotti ad hoc. Il tutto utilizzando sistemi dimostrativi dinamici. Una scelta che sta dando i suoi frutti tanto che da quando realizziamo questi workshop nella nostra azienda abbiamo visto crescere le adesioni al fondo pensione in modo esponenziale. Basti dire che tre anni fa le sottoscrizioni corrispondevano al 30% della popolazione aziendale e oggi siamo al 60%.

Per leggere l’intervista completa è possibile collegarsi a questo link.

You may also like

More in Health

Comments

Comments are closed.