In Italia come in Europa, le strutture sanitarie si trovano sempre più spesso a dover affrontare situazioni di emergenza. Tra le varie situazioni, l’incendio è quella con la maggiore probabilità di accadimento all’interno di un ospedale.

Solo nelle ultime settimane ci sono stati diversi casi: basti pensare al recente rogo che ha colpito l’Ospedale di Colonia-Merheim lo scorso 29 luglio (un morto e 11 feriti) o alle fiamme che il 13 agosto hanno interessato il reparto di Psichiatria dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, per concludere con il disastroso incendio divampato a Parigi il 22 agosto nell’edificio adiacente all’Ospedale Henri-Mondor di Créteil, dove alloggiavano i dipendenti della struttura, costato la vita a una donna.

In Italia ogni anno si verificano oltre 100 casi di roghi all’interno di strutture ospedaliere che, oltre ad avere ripercussioni evidenti sulla tutela della salute della popolazione servita, possono provocare, nei casi più gravi, feriti e perdite di vite umane, senza contare gli enormi disagi per riallocare pazienti e richiedere supporto alle A.O. limitrofe.

In caso di incendio si rischia di compromettere la capacità di fornire assistenza medico-sanitaria, causando conseguenze su tutti i servizi, a partire da quelli legati all’emergenza e urgenza.

Il rischio di incendio nelle strutture sanitarie è legato a fattori rilevanti e legati a una pluralità di aspetti concorrenti, tra cui la complessa articolazione architettonica, la vetustà di impianti ed edifici, le grandi dimensioni, la ricchezza di componenti tecnologiche e di apparecchiature, l’uso e lo stoccaggio di gas medicali e combustibili, la presenza di depositi infiammabili (come carta, suppellettili e medicinali) e, ultimo ma non meno importante, la coabitazione di persone (addetti ai servizi, medici, infermieri, personale esterno, pazienti, visitatori e così via) il cui comportamento è talvolta causativo di danni – in primis, il non rispetto del divieto di fumare all’interno dei nosocomi. A ciò si aggiunge il fatto che, in quanto luoghi di lavoro e di cura, sono frequentati da un elevato numero di individui in condizioni psico-fisiche differenti, con diversa cognizione del rischio, differente conoscenza degli ambienti e difformi comportamenti in caso di pericolo.

Escludendo l’altissimo numero di incendi le cui cause sono sconosciute o in via di accertamento, a livello nazionale, su una base di 3382 casi esaminati, sono risultate le seguenti cause: elettriche (19%); dolose (11%); sigarette (10%); funzionamento difettoso di macchine (4%); surriscaldamento di macchine (2%); varie (18%).

In una struttura ospedaliera, dove il rispetto delle misure di emergenza non basta a escludere il verificarsi di un incendio, la prevenzione e la formazione del personale chiamato a rispondere e agire negli scenari di crisi in ambiente sanitario, sono strumenti fondamentali per dare una pronta risposta alla situazione e per salvaguardare la sicurezza delle persone, delle strutture e delle apparecchiature con cui garantire una rapida ripresa del normale servizio medico diagnostico.

La prevenzione degli incendi in ospedale in Italia si basa su un articolato meccanismo regolato con il Decreto Ministeriale emanato nel marzo del 2015, che ha rivoluzionato l’approccio all’adeguamento antincendio delle strutture sanitarie per garantire un maggiore livello di sicurezza anche di presidi già preesistenti.

Formazione e senso di responsabilità di infermieri, caposala e medici dell’ospedale sono stati fattori fondamentali che hanno permesso di affrontare con grande serietà, competenza e efficacia incendi di grandi dimensioni come quello scoppiato presso l’Ospedale Bolognini di Seriate lo scorso marzo.

Altra criticità relativa all’evento incendio è legata al rilascio di sostanze inquinanti –  per contaminazione del suolo e delle acque provocata da fumi e liquidi di spegnimento o in presenza di amianto nei tetti – e relativi risarcimenti a terzi (gli abitanti delle aree limitrofe e le relative interruzioni di attività).

Ma non solo. Il potenziale rischio inquinamento delle strutture sanitarie in senso lato (ricomprendendo anche case di riposo e centri di riabilitazione esterni) interessa anche altre situazioni.

In particolare, i serbatoi interrati (a esempio, di gasolio per il riscaldamento, anche fuori servizio) possono causare inquinamento del terreno e della falda per rilascio lento e graduale, a seguito di foratura della cisterna o di passo d’uomo non a tenuta.

Ancora, le stesse proprietà immobiliari – anche se ricevute in donazione o locate a terzi per le più diverse attività commerciali – possono comportare delle responsabilità spesso non valutate, come nel caso di contaminazione originaria non conosciuta dal donante oppure per inquinamento provocato sì dal conduttore del bene, ma insolvente.

In tali situazioni un’adeguata analisi del rischio e l’eventuale trasferimento in chiave assicurativa rappresentano sicuramente una risposta intelligente di protezione.

L’incendio e l’inquinamento fanno parte della grande famiglia dei rischi “tipici” o “assicurabili”. Questo significa che possono essere oggetto di molteplici attività di gestione: analisi, prevenzione e trasferimento al mercato assicurativo. Il Gruppo AON è in grado di affiancare le strutture sanitarie in tutte le attività di gestione del rischio, dall’analisi e la prevenzione dei rischi condotta dal team di esperti in Risk Management di AON Hewitt Risk & Consulting, alla reperibilità delle migliori soluzioni assicurative disegnate ad hoc per il cliente grazie agli specialisti di AON Insurance & Reinsurance Brokers.

Per saperne di più, scrivi a direzionetecnica.ep@aon.it

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