Young woman wearing surgical mask outdoor at bus stop

La paura che la crisi da COVID-19 potesse impattare sull’uguaglianza di genere e sulla categoria femminile ha iniziato a diffondersi fin dai primi mesi dell’emergenza sanitaria, come avevamo già evidenziato in un articolo di qualche mese fa (per rileggerlo clicca qui).

A confermare questi timori ora stanno iniziando ad emergere anche i primi numeri, che convalidano purtroppo questa tendenza. Ormai è un dato di fatto. La pandemia ha inciso fortemente sulla vita delle donne: squilibri familiari, difficoltà di gestione tra lo Smart Working e la didattica a distanza dei figli, il carico familiare dettato dall’assistenza alle persone anziane.. E il lavoro? Anche in questo ambito l’impatto non è mancato.

L’emergenza sanitaria ha inciso sulla precarietà del lavoro femminile, evidenziando come alcuni impieghi siano ancora quasi del tutto esclusivi delle donne. È sufficiente pensare che all’interno degli Stati dell’Unione Europea ben l’84% delle donne tra i 15 e i 64 anni è impiegata nei servizi più colpiti dalla pandemia di COVID-19: dalle mansioni all’interno degli asili nido ai lavori di segreteria, dalla vendita al dettaglio ai servizi ricettivi e legati al settore turistico.

Inoltre, dalle ultime indagini condotte dal Parlamento europeo, oltre il 30% delle donne dell’Unione Europea lavora part-time e rientra nella categoria dell’economia informale, caratterizzata da occupazioni con minori o addirittura totale assenza di diritti sul lavoro e di mancanza di protezione sanitaria, congedi per malattia o indennità di disoccupazione.

Se si osserva, infine, il settore sanitario, uno dei più esposti chiaramente al virus, su 49 milioni di lavoratori ben il 76% sono donne. Percentuale che si abbassa al 66% all’interno del contesto sanitario italiano.

Allo stesso modo, anche la survey SHARE (Survey on Health, Ageing and Retirement in Europe), condotta dalla Commissione Europea su un campione di 14.300 ultra 50enni in Europa, ha delineato come le donne siano state le più colpite non solo dalla pandemia, ma anche dalle misure di contenimento adottate dai diversi Paesi europei per la gestione dell’emergenza sanitaria.

Se quindi l’anno scorso è stato il 25° anniversario della Dichiarazione di Pechino dell’ONU a favore dell’emancipazione femminile e del miglioramento della condizione delle donne in tutto il mondo, è chiaro che la strada da percorrere per la parità di genere è ancora lunga. Secondo l’Indice sull’Uguaglianza di genere 2020 curato dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE), l’Unione Europea ha ottenuto un punteggio del 67,9% sull’uguaglianza di genere. Ciò vuol dire che, mantenendo il ritmo attuale, ci vorranno ancora 60 anni prima di poter raggiungere la completa parità.

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